Prefettura
Progettato da Filippo Juvarra e destinato ad essere sede delle Regie Segreterie di Stato dei Ministri degli Affari Interni ed Esteri e delle Segreterie di Guerra, l’edificio fu il vero e proprio cuore politico dello Stato sabaudo.
È in questo spazio che il primo ministro Camillo Benso conte di Cavour diede vita al sogno dell’Italia unita.
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Passeggiando in piazza Castello, nel pieno centro di Torino, potrebbe capitare di superare l’attuale palazzo della Prefettura, attirati dagli splendori medievali e barocchi di Palazzo Madama, dalle forme grandiose di Palazzo Reale o dalla musica che dal Teatro Regio si diffonde sotto i portici. Eppure, lontano dagli sguardi dei più attenti, il palazzo della Prefettura cela al suo interno più di tre secoli di storia.
L’edificio venne progettato da Filippo Juvarra nell’ambito del più ampio ripensamento urbanistico della piazza, promosso da Vittorio Amedeo II dopo essere stato incoronato re di Sicilia (1713). Già alla fine del Seicento, per adeguare Torino da sede ducale a nuova capitale del regno, era stata perfezionata da Amedeo di Castellamonte la “Zona di Comando”, cuore pulsante dello Stato, che collegava tutti gli edifici più importanti per la gestione del potere sabaudo. Il piano di Filippo Juvarra prendeva le mosse dal progetto di Castellamonte, in funzione del quale l’architetto messinese concepì, come elemento di connessione tra il Palazzo Reale e l’Archivio di Corte, il palazzo che attualmente ospita la Prefettura, in origine destinato ad essere sede delle Regie Segreterie di Stato, dei Ministeri degli Affari Interni ed Esteri e della Segreteria di Guerra.
Rimasto incompiuto alla morte di Juvarra, l’edificio venne ampliato e portato a termine da Benedetto Alfieri tra il 1738 e il 1757. L’architetto organizzò razionalmente gli spazi dividendoli a seconda della loro funzione. Come ambiente di rappresentanza realizzò un maestoso scalone e una galleria di ben 122 metri destinata al re, che poteva così muoversi liberamente, in un ambiente chiuso e protetto, dal palazzo Reale al Teatro Regio. Adiacenti ad essa, trovarono posto gli uffici mentre al piano superiore furono collocati gli appartamenti dei ministri e dei segretari.
Il Palazzo continuò ad essere al centro della vita politica dello Stato sabaudo per buona parte dell’Ottocento. Nel 1842, in occasione del matrimonio di Vittorio Emanuele II con Maria Adelaide d’Asburgo Lorena, la galleria venne abbellita da sessantadue allegorie dipinte sulla volta per allietare gli ospiti che prendevano parte a concerti e ricevimenti.
Poco oltre, nello studiolo al fondo dell’attuale sala di rappresentanza del prefetto si decidevano le sorti del nascente Stato italiano. È in questo spazio che il primo ministro Camillo Benso conte di Cavour diede vita al sogno dell’Italia unita.
Con il trasferimento della capitale a Firenze, le funzioni d’uso dell’edificio mutarono. Nel 1866 divenne sede della Prefettura, cui si aggiunse nel 1872 la Provincia di Torino che acquistò l’intero palazzo nel 1885.
L’edificio venne progettato da Filippo Juvarra nell’ambito del più ampio ripensamento urbanistico della piazza, promosso da Vittorio Amedeo II dopo essere stato incoronato re di Sicilia (1713). Già alla fine del Seicento, per adeguare Torino da sede ducale a nuova capitale del regno, era stata perfezionata da Amedeo di Castellamonte la “Zona di Comando”, cuore pulsante dello Stato, che collegava tutti gli edifici più importanti per la gestione del potere sabaudo. Il piano di Filippo Juvarra prendeva le mosse dal progetto di Castellamonte, in funzione del quale l’architetto messinese concepì, come elemento di connessione tra il Palazzo Reale e l’Archivio di Corte, il palazzo che attualmente ospita la Prefettura, in origine destinato ad essere sede delle Regie Segreterie di Stato, dei Ministeri degli Affari Interni ed Esteri e della Segreteria di Guerra.
Rimasto incompiuto alla morte di Juvarra, l’edificio venne ampliato e portato a termine da Benedetto Alfieri tra il 1738 e il 1757. L’architetto organizzò razionalmente gli spazi dividendoli a seconda della loro funzione. Come ambiente di rappresentanza realizzò un maestoso scalone e una galleria di ben 122 metri destinata al re, che poteva così muoversi liberamente, in un ambiente chiuso e protetto, dal palazzo Reale al Teatro Regio. Adiacenti ad essa, trovarono posto gli uffici mentre al piano superiore furono collocati gli appartamenti dei ministri e dei segretari.
Il Palazzo continuò ad essere al centro della vita politica dello Stato sabaudo per buona parte dell’Ottocento. Nel 1842, in occasione del matrimonio di Vittorio Emanuele II con Maria Adelaide d’Asburgo Lorena, la galleria venne abbellita da sessantadue allegorie dipinte sulla volta per allietare gli ospiti che prendevano parte a concerti e ricevimenti.
Poco oltre, nello studiolo al fondo dell’attuale sala di rappresentanza del prefetto si decidevano le sorti del nascente Stato italiano. È in questo spazio che il primo ministro Camillo Benso conte di Cavour diede vita al sogno dell’Italia unita.
Con il trasferimento della capitale a Firenze, le funzioni d’uso dell’edificio mutarono. Nel 1866 divenne sede della Prefettura, cui si aggiunse nel 1872 la Provincia di Torino che acquistò l’intero palazzo nel 1885.




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