


La costruzione della “corona di delizie”, il sistema di residenze gravitanti intorno alla capitale sabauda, ha previsto una sostanziale modifica dell’assetto paesaggistico torinese. Il territorio fu progressivamente ridisegnato attraverso la realizzazione di viali alberati per il collegamento con la capitale e di splendidi giardini per le passeggiate della corte. Fondamentale fu poi la cura dei terreni demaniali, dove sorgevano riserve venatorie per le dimore di loisir, dedicate allo svago e alla caccia: dall’età barocca, i parchi svolsero una vera e propria funzione sociale, ospitando le affollate cerimonie delle cacce reali, autentici riti di consolidamento del potere.
Nel corso dei secoli, l’arte del giarmascherodino impegnò architetti, paesaggisti, ingegneri e artisti di vario genere all’opera nella progettazione degli spazi verdi, le cui linee guida variarono con il mutare del gusto. Capolavori dell’età barocca, durante il Seicento i giardini si animano di giochi d’acqua, bacini, boschetti e sculture, per fare dello spazio verde una scenografia per spettacoli naturali e artificiali. I perduti giardini della Reggia di Venaria progettati da Amedeo di Castellamonte seguivano lo schema “all’italiana”, caratterizzato da sezioni geometriche separate da aiuole e siepi disposte su più livelli attraverso terrazze, scalinate e muraglioni. Con il giardino “alla francese”, l’elemento tipico della progettazione barocca diventò il parterre de broderie, che sostituisce il labirinto rinascimentale con aiuole e siepi tagliate in disegni sinuosi, simili alle decorazioni dei tessuti e ai ricami (in francese proprio broderies).
Il gusto francese si diffuse in Piemonte con il celebre paesaggista André Le Nôtre, che dal 1670 progettò i giardini del parco di Racconigi e di Palazzo Carignano, poi trasformati in epoche successive. Nel 1739 il francese Michel Bernard assunse la carica di Direttore dei Reali Giardini e si occupò così di alcuni dei più significativi interventi paesaggistici in Piemonte, come i giardini della Palazzina di Caccia di Stupinigi e i parchi dei castelli di Moncalieri, Agliè e Venaria Reale. Con lui, boschetti, bacini e parterres di gusto francese furono associati a grandi viali e alberature all’inglese, interpretando un importante mutamento di gusto.
Tra la fine del Settecento e l’Ottocento, il giardino “all’inglese” abbandonò le geometrie in uso nei secoli precedenti per accostare in modo apparentemente casuale elementi naturali e artificiali. Già sviluppatosi a Racconigi, con boschetti e pittoresche strutture a tema fiabesco progettate da Giacomo Pregliasco (1787), gli interventi paesaggistici misero sempre più in luce una componente emotiva, offerta da affascinanti scorci naturalistici. Lo stile romantico si diffuse negli anni di Carlo Alberto, dal 1820, attraverso le idee del paesaggista Xavier Kurten messe in opera a Racconigi e Agliè. Con il crescente interesse per il mondo industriale e per le nuove tecnologie, si predisposero sempre più, anche nelle tenute reali, zone produttive e serre dotate di impianti di riscaldamento all’avanguardia.
Dopo lo stato di abbandono in cui hanno versato le regge nel corso del Novecento, i giardini e i parchi sono stati oggetto di attenti interventi che non solo hanno riportato in luce le progettazioni originarie, ma hanno anche ricondotto l’idea del verde a scenografia per l’installazione artistica, con le incursioni di arte contemporanea nei giardini storici, come le installazioni di Venaria Reale dove si può ammirare il Giardino delle sculture fluide di Giuseppe Penone, noto esponente dell’Arte Povera.
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