


Il gusto “alla China”, vale a dire la moda per oggetti e arredi di foggia orientale, si diffuse nella società europea a partire dal XVI secolo, quando furono aperte importanti rotte marittime verso l’est e in Europa iniziarono ad essere commercializzate sete, lacche e porcellane cinesi. Il fascino per l’Oriente esplose poi nel XVIII secolo, con l’intensificarsi dei viaggi, e durò sino al secolo successivo, quando altre mode presero il sopravvento.
Gli europei immaginavano la Cina come un luogo remoto ed esotico, abitato da popolazioni che conducevano una vita semplice, naturale e dedita al piacere. Per replicare in Europa quell’atmosfera sensuale e rilassata, dal XVII secolo le committenze più facoltose iniziarono a farsi costruire piccoli ambienti interamente dedicati al mondo orientale. Gli stessi artisti europei iniziarono ad imitare le decorazioni cinesi, studiando le tecniche esecutive e lo stile, in modo tale da creare un mercato parallelo, più economico rispetto agli oggetti d’importazione.
In Piemonte, l’impatto della moda per l’Oriente si riscontra in quasi tutte le residenze sabaude, testimonianza dell’aggiornamento di gusto della committenza e degli artisti al servizio della corte. Particolarmente apprezzate furono le lacche cinesi e giapponesi, pannelli di legno rifiniti con una resina ricavata da alberi orientali. Nel XVII secolo i mobili più preziosi venivano rivestiti di lacche per assecondare il gusto dei più importanti collezionisti europei, tra i quali vi era il principe Eugenio di Savoia: dalla sua collezione viennese giunsero a Torino due stipi ancora oggi collocati in Palazzo Reale. Le lacche servivano anche per rivestire i “gabinetti cinesi”, stanzini nei quali i sovrani si lavavano, vestivano e facevano conversazione. Spesso i costosi acquisti di lacche orientali non bastavano e così gli artisti locali si specializzarono nell’imitazione delle lacche originali. Nel corso del XVIII secolo, i Savoia fecero realizzare diversi gabinetti cinesi nei loro palazzi reali, come quelli di Torino, Venaria Reale (poi smantellati e riutilizzati a Moncalieri e al Quirinale) e Villa della Regina. Una alternativa meno dispendiosa era l’uso delle carte cinesi, impiegate soprattutto per arredare gli appartamenti fuori città, come nel Castello di Govone, nel Castello di Racconigi e nella Palazzina di Caccia di Stupinigi. Le carte, prodotte nella cittadina di Canton, erano dipinte con soggetti naturalistici e scene di vita cinese. Giunte in Piemonte, venivano montate sulle pareti in modo da creare sequenze tematiche, come se le scene si svolgessero di fronte agli occhi di chi sostava nell’ambiente.
Oltre alle lacche e alle carte cinesi, uno dei prodotti più apprezzati erano le porcellane, collezionate in Europa a partire dal XVI secolo. Le tecniche di realizzazione della porcellana rimasero per lungo tempo sconosciute in Europa e così i manufatti cinesi divennero non solo oggetti richiestissimi, ma anche molto costosi. Solo nel 1710 a Meissen, vicino a Dresda, fu compreso il metodo di produzione, e anche le residenze sabaude si arricchirono di queste porcellane europee. Le porcellane cinesi ed europee venivano esposte in bella vista su mensole e sostegni installati nelle boiseries.
Con la spedizione di Napoleone in Egitto, l’evocazione di mondi lontani si direzionò verso altre culture, e gli allestimenti esotici delle residenze piemontesi arredate nell’Ottocento richiamarono piuttosto le antiche civiltà mediterranee. Il gusto per l’Oriente fu così gradualmente sostituito con altre mode.
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