Palazzina di Caccia di Stupinigi
Una residenza di caccia per una corte europea
Un gioiello rococò
La Palazzina di Caccia di Stupinigi è un gioiello architettonico immerso nella campagna torinese, a soli 10 km da Piazza Castello a Torino, cui fa da cornice lo strepitoso panorama delle Alpi. Considerata il capolavoro dell’architetto Filippo Juvarra – che ne fece un modello internazionale per le residenze di loisir – e voluta da Vittorio Amedeo II per gli svaghi della corte sabauda, fu edificata dal 1729 al centro di una vasta riserva di caccia, instaurando un rapporto privilegiato con l’ambiente circostante.
L’ideazione e la costruzione
La razionale gestione del territorio emerge nella progettazione di un vero e proprio agglomerato urbano al servizio della Palazzina, completo di scuderie, magazzini, cascine, canili e abitazioni. Dal 1754, il complesso divenne facilmente raggiungibile dalla capitale attraverso una strada alberata.
Per l’edificio principale, Juvarra concepì una struttura a forma di croce di sant’Andrea nei cui bracci, proiettati verso i giardini, trovavano spazio gli appartamenti destinati alla famiglia reale. Al centro della croce, perno dello schema geometrico su cui è impostata la planimetria, sorge l’ampio salone ellittico ideato come uno spettacolare spazio per le feste. Interamente dipinto a finte architetture dai quadraturisti bolognesi Domenico e Giuseppe Valeriani, il salone coinvolge lo spettatore in uno scenografico dialogo tra pittura, scultura e architettura, amalgamate dalla luce che entra dalle ampie finestrature. Il tema della caccia, scelto per il centrovolta del salone con l’Apoteosi di Diana, è, insieme a quello della natura, il filo conduttore per gli affreschi, gli arredi e le sculture che ornano gli ambienti della residenza.
Sviluppi settecenteschi
Su richiesta di Carlo Emanuele III (successore di Vittorio Amedeo II) dal 1740 Benedetto Alfieri ampliò la palazzina con due appartamenti destinati ai figli del nuovo re, il duca di Savoia e il duca di Chiablese. Gli interni si caratterizzarono per la decorazione rococò incentrata sul fascino degli specchi e sul gusto per l’esotismo, con salotti rivestiti di carte importate dalla Cina. Con il 1798 e l’occupazione francese si conclusero gli ampliamenti, durati tutto il secolo; durante l’Ottocento la palazzina fu riarredata più volte per ospitare i sovrani che la scelsero come luogo di villeggiatura, come Carlo Felice e Maria Cristina di Borbone e, ancora nel Novecento, Margherita di Savoia.
Nel Novecento
Dal 1919 la Palazzina di Caccia di Stupinigi, affidata all’Ordine Mauriziano, divenne sede del Museo di Arte e ammobiliamento. Importanti lavori di restauro sono stati condotti recentemente e dal 2016 il percorso di visita ripristinato prevede la quasi totalità degli appartamenti aulici. La conservazione e valorizzazione di questo patrimonio si deve oggi alla Fondazione Ordine Mauriziano.
- 1729: Vittorio Amedeo II incarica Filippo Juvarra della costruzione della palazzina. Gio. Tomaso Prunotto è direttore dei lavori
- 1733-1734: Giuseppe e Domenico Valeriani affrescano il salone centrale e gli appartamenti già conclusi. Sono tracciate le rotte di caccia di Orbassano e Vinovo
- 1738: Il cantiere è diretto da Benedetto Alfieri
- 1758: Si conclude la prima fase di interventi sotto la guida di Benedetto Alfieri
- 1759: Prunotto progetta l’ammodernamento della Galleria e dell’atrio di Levante
- 1760: Alfieri inizia la costruzione dell’Appartamento di Levante
- 1766: sulla cupola del Salone centrale viene posto il cervo in bronzo di Francesco Ladatte
- 1770-1793: Ludovico Bo amplia le scuderie
- 1805: Napoleone vi risiede durante la sua visita a Torino
- 1814: Ritorna nella disponibilità della corte sabauda
- Inizio XIX secolo: Abitazione torinese della regina Margherita
- 1919: Passa al Demanio e diventa sede del Museo dell’Arredamento e dell’Ammobiliamento.
- 1926: la Palazzina passa in consegna all’Ordine Mauriziano
- Oggi: la Palazzina di Caccia di Stupinigi è gestita dalla Fondazione Ordine Mauriziano
Maria Antonia Ferdinanda di Borbone-Spagna regina di Sardegna 1729-1785
Moglie di Vittorio Amedeo III, vi soggiornò nei mesi estivi animandola con feste e battute di caccia.
Figlia di Filippo V re di Spagna e di Isabella Farnese, sposa nel 1750 il principe Vittorio Amedeo, futuro Vittorio Amedeo III (1773-1796). Sorella di Carlo III re delle Due Sicilie, poi re di Spagna, e di Filippo duca di Parma, il suo matrimonio ha un forte valore politico in quanto sancisce la pace fra i Savoia e i Borbone del ramo spagnolo dopo la guerra di successione austriaca. Dal 1741, con la morte della regina Elisabetta di Lorena, alla corte torinese manca una figura femminile. Nel costruire una corte per la nuova principessa, Carlo Emanuele III vi comprende perciò, per ragioni politiche, numerose figure che avevano già fatto parte delle corti delle sue tre mogli (Luisa Cristina di Sulzbach, Polissena d’Assia, Elisabetta di Lorena). La principessa spagnola, giunta a Torino senza un proprio seguito, si trova in questo modo attorniata da persone già legate alla casa regnante. Dal punto di vista artistico, va ricordato il ruolo da lei svolto a Villa della Regina, dive fece allestire nuovi ambienti destinati al corpo di guardia e al personale di servizio; interessanti in tal senso, i documenti sui pagamenti eseguiti dai “tesorieri dei minuti piaceri” che facevano a lei campo.