Da monastero a residenza di caccia
In origine monastero certosino, fu acquisito dai Savoia e trasformato in castello di caccia da Carlo Alberto: il progetto riuscì a combinare in modo magistrale la semplicità di un ex convento con lo stile monumentale che si addiceva a una residenza reale.
Il castello, tuttavia, non fu mai luogo di rappresentanza ma di svaghi privati: qui Vittorio Emanuele II, il re cacciatore, organizzava imponenti spedizioni venatorie e la principessa Maria Clotilde vi trascorreva l’estate. Ancora oggi, frammenti della vita di corte emergono dalle camere da letto con arredi originali e dalle cucine del re.
Il Castello di Valcasotto, pur non essendo stato inserito tra i beni riconosciuti Patrimonio dell’Umanità, rientra a pieno titolo tra le Residenze Reali Sabaude del Piemonte.
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Il complesso abbaziale, incastonato ai piedi delle montagne monregalesi tra Garessio e Pamparato, venne fondato dai monaci certosini tra il 1090 e il 1172. Agli inizi del Settecento conobbe alcuni importanti rinnovamenti che gli diedero un aspetto rigoroso e monumentale, più simile a un palazzo nobiliare che a un monastero. Ricca di fascino è la facciata della chiesa progettata da Bernardo Vittone verso la metà del secolo e realizzata in pietra verde locale, in netto contrasto con il rosso dei laterizi del resto del fabbricato. Intorno alla chiesa, tra due corti, erano collocate le celle dei monaci e la foresteria.
L’abbandono della Certosa dopo la soppressione dell’ordine monastico da parte del Governo francese (1802) rese necessario compiere dei lavori di adeguamento per ospitare la corte di Carlo Alberto. Anche l’antica chiesa fu riadattata per essere utilizzata come cappella regia.
Entro il 1860 l’architetto Carlo Sada e la sua équipe di pittori (Dionigi Faconti e Angelo Moja), decoratori (Giuseppe Trivella e Carlo Isella) e intagliatori (Gabriele Capello) allestirono, negli antichi ambienti usati dai certosini, i nuovi appartamenti reali caratterizzati da una dimensione intima e domestica, ben lontana dagli sfarzi delle dimore di rappresentanza. È proprio in queste stanze che si scopre il lato più quotidiano della famiglia reale.
Oltre che da Carlo Alberto, la dimora fu particolarmente amata dal primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, e dai suoi figli, in particolare la principessa Maria Clotilde che scelse la quiete di Casotto per trascorrere le sue estati.
Di proprietà dei Savoia fino al 1881, la residenza fu ceduta a privati. Oggetto di campagne di studio promosse dal Politecnico di Torino, nel 2000 è entrata a far parte del patrimonio della Regione Piemonte che, insieme alla Soprintendenza, ne ha avviato il completo recupero per destinarla a uso museale, didattico e ricettivo secondo innovativi criteri di sostenibilità ed ecocompatibilità.
Informazioni
Garessio (CN)
Aperto dalla primavera all’autunno su prenotazione
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