Sala di Diana
La Sala di Diana è il cuore della reggia seicentesca e costituisce una straordinaria esaltazione della vita di corte e della magnificenza dei sovrani. Appartenente alla prima fase di edificazione, avviata dall’architetto Amedeo di Castellamonte nel 1658, spetta a questo ambiente l’illustrazione del tema della residenza: la caccia e la dea Diana. Nel Seicento la dea, simbolo di virtù e castità, rivestiva un importante significato simbolico poiché in lei si identificavano le Madame Reali, Cristina di Francia e Maria Giovanni Battista di Savoia Nemours. Il programma iconografico della sala fu elaborato dal letterato di corte Emanuele Tesauro. La lettura dei soggetti procede dall’alto verso il basso passando da un piano mitologico e aulico a uno più quotidiano. Si inizia con gli affreschi nella volta dedicati alle Storie di Diana, contenuti all’interno di una esuberante intelaiatura di stucchi del luganese Bernardino Quadri, autore pure di splendidi fauni, satiri e trofei venatori disposti sulle pareti.
Lungo le pareti si snodano anche due cicli di dipinti: quello dei Ritratti equestri nel registro superiore e, al di sotto, quello delle Cacce. I ritratti equestri (sette ancora in loco mentre tre sono andati perduti) costituiscono una aristocratica parata dei più importanti membri della corte, a partire dal duca Carlo Emanuele II. È a loro che sono destinati gli esempi di virtù morale raffigurati negli affreschi della volta. Le dieci Cacce, invece, illustrano l’arte venatoria calandola in un contesto quotidiano. La caccia era infatti un'attività che coinvolgeva tutta la corte secondo un preciso cerimoniale: il duca vi si dedicava due giorni alla settimana per almeno quattro ore, in compagnia del suo seguito e talvolta dalla Madama Reale.
La realizzazione degli affreschi e delle Cacce, databile tra il 1661 e il 1663, fu affidata al pittore di corte Jan Miel, chiamato appositamente da Roma. Il ciclo dei Ritratti equestri (1657-1663) venne invece diviso tra alcuni dei più importanti artisti attivi per i Savoia alla metà del Seicento.
La sala fu smantellata nell’Ottocento e versò nella più totale incuria per più di un secolo. Un accurato e impegnativo restauro ha restituito al visitatore moderno il fasto dell’allestimento di stucchi, affreschi e dipinti davanti al quale si trovava un visitatore del Seicento.