Sala dell’alcova

La Sala dell’alcova è uno degli ambienti più interessanti del palazzo, poiché, oltre a rappresentare superbamente la raffinata stagione del rococò torinese, testimonia una avvincente storia di trasformazioni, dispersioni e recuperi del patrimonio artistico.
Così chiamata dalla metà dell’Ottocento, quando l’architetto Alfonso Duphy la trasformò in Camera da letto con annessa alcova, in origine svolgeva funzioni di galleria per il secondo appartamento del duca di Chiablese Benedetto Maurizio.
Fu decorata tra 1763 e 1765 con finissimi intagli dorati inquadranti specchi, porte con sovrapporte e lesene scanalate posizionate agli angoli della sala. Sulla volta, gli stucchi, organizzati in onde rocaille ornate di fogliami e roselline, si fanno più pieni lungo il lato corto della volta, con una fascia ornata da una cartella alata.
Durante la seconda guerra mondiale, i bombardamenti da parte dell’aviazione inglese danneggiarono gravemente molte sale del Palazzo Chiablese affacciate sulla piazzetta reale. Mentre è andata completamente distrutta la decorazione di alcuni ambienti, come il Salotto di Parigi e il Salotto dei Paggi, l’alcova-galleria in parte si salvò. Andarono perse le sovrapporte dipinte, le tappezzerie di seta e la sontuosa cornice intagliata posta sull’arco d’accesso al vano dell’alcova, ma sopravvissero porzioni di stucchi sulla volta, le boiseries angolari e i lambris nella parte bassa delle pareti. Il completo recupero dell’ambiente, dopo un primo intervento alla fine della guerra, è stato recentemente portato a termine grazie a un attento restauro. In quell’occasione, dallo smontaggio della boiserie sono state rinvenute tracce della tappezzeria d’inizio Ottocento, con trama a corone e nodi sabaudi. Sulla base di questi frammenti e grazie al confronto con le fotografie precedenti al periodo bellico è stato così ricostruito il parato azzurro cenere.
Molti arredi del palazzo furono messi in salvo dal bombardamento, trasportandoli in altre sedi: è quello che successe alla scrivania a due corpi di Pietro Piffetti, capolavoro dell’ebanisteria piemontese tornato al suo luogo d’origine solo nel 2018.

Palazzo Chiablese