Camera di parata
Preceduta da un’anticamera denominata “Camera dei paesi” poiché ornata con paesaggi e scene di genere dipinti da Pietro Domenico Olivero e Scipione Cignaroli, la Camera di parata nel Settecento prendeva il nome di “Camera delle prospettive” poiché lì re Vittorio Amedeo II aveva voluto allestire una serie di vedute dipinte illustranti gli esterni e gli interni del Castello di Rivoli. Affidate dal 1723 dall’architetto Filippo Juvarra ai pittori Giovanni Paolo Panini, Marco Ricci, Andrea Locatelli e Massimo Teodoro Michela, oggi le tele sono custodite al Castello di Racconigi e al Museo civico d’Arte Antica di Torino – Palazzo Madama. Come registrato dall’inventario delle opere presenti nel castello nel 1727, le vedute erano collocate tra le porte volanti decorate a grottesche. L’intento era quello di creare una vera e propria mostra di architettura illustrante il grandioso progetto di sistemazione juvarriana del Castello di Rivoli, mai portato a termine. La volontà di allestire quelle opere nell’ambiente principale del percorso cerimoniale era indice non solo della grande considerazione del ruolo dell’architettura nella messa in scena del potere, ma anche della predilezione del re per la residenza di Rivoli.
Tra il 1723 e il 1724 la Camera di parata era stata dipinta a grottesche, il tipo di decorazione prescelto per l’ornamento di tutto l’appartamento del re al primo piano nobile: dapprima era stata così decorata la Camera da letto, poi il gabinetto con le Fatiche di Ercole, la Camera dei Trofei, la Camera di Parata e l’Anticamera. L’intento programmatico era quello di associare l’appartamento del sovrano agli sfarzi dell’antichità, e in particolare alla Domus Aurea. Si trattava infatti del tipo di pittura che dal 1480 gli artisti avevano ammirato nelle cavità, o “grotte”, del Colle Oppio a Roma dove sorgeva la reggia di Nerone. La decorazione a grottesca era tornata di moda tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo grazie alla diffusione dei modelli decorativi del francese Jean Bérain.
Nel 1720, per le grottesche di Rivoli era stato inizialmente contattato uno specialista genovese, che tuttavia non riuscì a portare avanti il suo lavoro. Fu quindi sostituito dal romano Filippo Minei che, giunto a Torino nell’aprile 1721 per volere di Juvarra, risulterà attivo anche a Palazzo Reale e a Villa della Regina.